lunedì 15 ottobre 2007

Kant a giudizio!

"L'imputato Immanuel Kant si alzi e si difenda in giudizio, facendoci conoscere le sue tesi"!
Possibile questo, perché attraverso i suoi giudizi, estremamente accattivanti e complessi nei loro modi di essere concepiti, ci farebbero capire non solo una cosa pratica e immediata, bensì ci farebbero comprendere quali sono i meccanismi che regolano il modo di pensare comune a tutti gli individui del mondo, piccoli e grandi che siano. E che ci consentano di dire: "sì, questa cosa è così per me e per te, anche se poi io e te facciamo due esperienze apparentemente e materialmente diverse".

Come al solito, però, andiamo per ordine e torniamo indietro all'inizio della nostra lezione.
La divisione tra i giudizi sintetici a posteriori, molto in voga tra gli empiristi, e i giudizi analitici a priori, che riscuotevano ampi consensi tra i razionalisti, trova la sua risoluzione e mediazione tramite il Criticismo e Kant stesso che propone, in ottica di capire se sia possibile la conoscenza di qualcosa (sintetizzando l'esperienza e compiendo così un giudizio, ovvero unendo un soggetto ad un predicato così da darci sempre informazioni maggiori e in più) in maniera universale e necessaria (a priori di ogni singola esperienza, ovvero valida per tutti perché avviene prima, altrove) i famosissimi giudizi sintetici a priori.
Ma cosa è sintetico o a priori per noi?
La conoscenza, ci dice Kant all'interno della sua CRP si divide in quella sensibile e in quella intellegibile; ora, la prima, il fenomeno, è ciò che è a sua volta scissa in materia e forma; la materia è ciò che appare ai nostri sensi nell'esperienza diretta mentre la forma è la legge che regolamenta l'esperienza ovvero la capacità di modellare i molteplici dati dell'esperienza in qualcosa di universale e conoscibile. Chiaro è che questo aspetto universale richiama, internamente, l'intellegibilità della conoscenza, ovvero l'aspetto noumenico, ovvero la cosa in sp che però, poiché svincolata dall'esperienza sensista, resta a noi un concetto-limite, qualcosa, cioè, di inconoscibile.
Se dunque nell'apparenza noi troviamo la risposta alla domanda su cosa fosse l'aspetto sintetico del giudizio, dove dunque ricaviamo la risposta sull'a priori?
Chiaramente nella forma che, poiché deve modellare qualsiasi singola esperienza, deve avere criteri modellanti universali, ovvero condivisi per tutti, e necessari, cioè che non posso che avere determinate funzioni.
Quali sono, infine, queste forme? Quali questi criteri che modellano, in noi, la confusa esperienza esterna?
Sì, avete capito: Spazio e Tempo.
Pensateci bene. Ogni volta che noi acquisiamo un dato nuovo, vediamo orizzonti nuovi, oppure ogni volta che un bambino conosce per la prima volta una persona, forse non filtriamo l'esperienza esterna dapprima dando una dimensione esterna, un dire: "Guarda quant'è grande, piccolo, immenso" oppure interna, pensando come questo dato nuovo possa inserirsi prima o dopo un altro evento, un'altra impressione che abbiamo nella nostra memoria così che poi possiamo facilmente richiamarle in gioco?
Spazio e Tempo sono i famosi occhiali dalle lenti colorate con cui possiamo vedere, diversamente, il mondo.
Noi possiamo vedere diversamente il mondo perché le leggi che regolamento le esperienze sono in noi.
Ecco la grande rivoluzione copernicana Kantiana. Non è più la natura ad avere regole a cui noi possiamo al massimo accostarci, ma siamo noi a dare il senso dimensionale al mondo. Noi tutti siamo, perciò, IO PENSO, perché col nostro pensiero permettiamo la conoscenza del mondo.
Ma allora Kant era un razionalista, per cui tutto avviene nella nostra mente e la natura, l'oggetto della nostra conoscenza, è una cosa superflua che avviene solo dopo che noi abbiamo predisposto il filtraggio?
Ebbene no.
Spazio e Tempo sono categorie trascendentali, ovvero compaiono, in funzione di filtro, solo nei limiti dell'esperienza, ovvero solo quando vi è esatta corrispondenza e biunivocità tra soggetto e oggetto.
Se vi fosse solo il soggetto che pensa, non ci sarebbe una realtà definita;
se vi fosse solo la realtà, rimarrebbe vaga e non-pensata, quindi forse neppure esisterebbe;
la conoscenza vi è solo quando soggetto e oggetto si incontrano.
Allora vengono messi in gioco quelle forme, leggi, schematismi o filtri a priori che sono Spazio e Tempo più, ora possiamo dirlo, le 12 categorie che, come cassettiere mentali (lo dice proprio Kant), ordinano l'esperienza filtrata.

Sicuramente complesso ma anche affascinante, la parte relativa al pensiero teorico di Immanuel Kant si chiude qui. Spero di riuscire, come al solito, a condensare quanto detto in una mappa concettuale ma non vi prometto nulla soprattutto per mancanza di tempo.
A presto per la Pedagogia e la Critica della Ragion Pratica. Non vi spaventate, il brutto è passato!

Ciao ciao

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