martedì 30 ottobre 2007

CIAK... Azione!

Concludiamo i post sul nostro ormai amato (?!) Immanuel Kant con la sua opera del 1788, altrimenti detta Critica della Ragion Pratica.
Cosa c'entra il titolo con il testo in questione e soprattutto con l'argomento di cui, con terrore e preoccupazione, vi apprestate a leggere?


Dopo la consueta immagine, posso rispondervi ;)

Nella scorsa lezione abbiamo definito la CRPr una ragione per l'azione. Non cinematografica ovvio, ma quello è il gusto della metafora.
Compare nuovamente il termine ragione; questo vuol significare che ogni partenza deve avere il mondo noumenico come cominciamento perché, ricordiamoci la CRP, dobbiamo sempre cercare di individuare qualcosa che è Universale e Necessario.
Però Kant non si ferma al mondo noumenico, o compie un criticismo solo ed esclusivamente che vada a problematizzare sulla modalità della nostra conoscenza morale; non dobbiamo fare una Critica della Ragion Pura Pratica!
Serve, quindi, qualcosa che sia realmente pratico ovvero, per dirla con il filosofo di Königsberg, non serve tanto una metafisica morale, quanto una morale legata a un uomo pensante, pur se finito.
Cosa fa però l'uomo pensante? La bella statuina? No, ovviamente... L'uomo pensante agisce, si muove e si comporta in una certa maniera. L'azione filosofica è allora quella di investigare non tanto il cosa dell'azione (l'atto pratico in sé) bensì il perché un soggetto agisce, ovvero le intenzioni legate alla singola volontà.
La CRPr è quindi una ragione per l'azione di un soggetto che è finito, ovvero che presenta dei limiti, dei confini: pensiamo alla mortalità, così come agli istinti che tanto bravi non ci fanno essere, ma anche al mondo che ci circonda con il quale si relazioniamo.
Che fare allora? Facciamo gli eremiti o gli orsi, lontani da tutto e da tutti, visto che siamo e resteremo finiti e quindi mai e poi mai potremo essere perfetti moralmente?
....No!
La moralità, infatti, è strettamente collegata (quasi dire la stessa cosa) con l'incondizionatezza, ovvero con la possibilità di essere svincolati dai legami che ci mettono nei guai o in maniera assoluta oppure, rimboccandoci le maniche, spetta a noi il compito di de-condizionarci. Allora capiamo di non essere semplici animali (con tutto il rispetto) ma in più di loro abbiamo la libertà, che per Kant rappresenta addirittura il Primo Postulato della Vita Etica perché consente all'uomo di autodeterminarsi, occupando un posto eticamente prioritario nella società. Ovviamente è necessario che tutti dobbiamo essere liberi e questo non può che essere così. La moralità deve avere quindi un carattere universale e necessario.
Ora, come se fosse un gioco, provate a ricostruire il periodo che vi ho scritto sopra partendo dalla fine, ovvero dall'universale e necessario, mantenendo lo stesso originale significato e date la risposta scrivendola nei commenti. Vale come giudizio scritto!

Tirando le somme, la moralità ci dice come bisogna comportarci e la volontà ci suggerisce come vorremmo comportaci. Chi vince?
Vince il rapporto tra Ragione (mondo noumenico) e Sensibilità (mondo fenomenico), ovvero vince il dovere, che deve (guarda caso) assumere sempre più uguaglianza con la volontà, con il fine della moralità.
Il cocktail Volontà&Dovere genera due diramazioni che hanno una valore soggettivo, l'altra oggettivo. La soggettività si chiama Massima ed è un po' il motto della nostra giornata quando ci alziamo. Può valere solo per noi, non certo per tutti.
L'oggettività del suddetto cocktail la troviamo nei cosiddetti imperativi (etimologicamente: comando) che ci istruiscono riguardo un comportamento da tenere o con una premessa ipotetica iniziale che conduce al fine stabilito o in maniera assoluta.
Gli imperativi così possono essere: ipotetici (espressi dalla formula Se... allora devi: Se voglio prendere un bel voto allora devo studiare) oppure Categorici (espressi dalla formula Devi: Devi timbrare il biglietto sull'autobus).
Non basta però: un terzo esempio di imperativi è rappresentato dalle Massime (queste però a carattere oggettivo), ovvero delle formulazioni (frasi) che conducono pian piano il soggetto al sempre presente fine della CRPr, ovvero l'autonomia morale.
Sono tre, una dalla suddetta critica e le altre due estrapolate dalla FMC e recitano questo:
  1. Agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere nello stesso tempo come principio di una legislazione universale

  2. Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona che in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo

  3. La volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice

Mica male, no?
La prima ci indica come ogni nostra azione deve partire sì da una massima della nostra volontà (un nostro pensiero) ma che questo, per avere valore oggettivo, dovrebbe essere posto come legge universale, come ordinamento valido per tutti. Fate un po' voi cosa potrebbe accadere se uno pensa di fare il male... quindi, al massimo il male si può pensare, per Kant, non certo farlo!
La seconda rivoluzione il vedere la figura dell'umanità (e quindi di se stessi) che passa dall'essere solo un mezzo attraverso cui raggiungere dei fini, spesso sporchi, a fine stesso, ovvero al bene comune, al bene dell'umanità.
La terza, sintesi dell'autonomia morale, ci indica come ci deve essere una forte identità tra la mia massima e ciò che in me diviene legge universale: non c'è più divisione o necessità di ricorrere a entità esterne. Ho tutto dentro di me, libertà, dovere e legge universale: ho l'autonomia morale.
Io stesso divento legislatore della morale.

Kant così ha compiuto un'ulteriore rivoluzione: dopo quella della conoscenza, con l'Io Penso ha rivoluzionato anche la morale ponendo nell'uomo la capacità di autolegiferarsi in maniera universale e necessaria.

Se tutto questo vi può sembrare un'utopia (e forse lo è, ma voi non dite in giro che l'ho detto) ricordate sempre il valore della pedagogia, ovvero un'arte perché consente all'uomo di migliorare sempre, sempre, sempre......

Nessun commento: