lunedì 28 aprile 2008

PPP

Ovvero: Planning Psico (o Psycho) Pedagogico.
Ovvero (II): Quello che faremo in questo mese entrante, nel dettaglio.


Come potete vedere è già tutto bello che strutturato, manca solo la vostra presenza.

Qualche piccola cosa, al volo:
  • Chi c'è c'è e chi non c'è si prepari: ogni lezione si spiegherà e si assegnerà il lavoro da svolgere per lo studio individuale;
  • Le i vogliono significare la possibilità di essere interrogati, nei limiti del tempo e dell'orario. Quindi preparatevi e, se sapete che dovete essere interrogati, rendetevi pronti;
  • Non di solo blog vive lo studente del Nobel ma anche dei libri di testo che vi ho consigliato di comprare/fotocopiare a inizio anno: nel dettaglio di questo planning sappiate che:
    • Pedagogia:Volume III, Parte I, Capitolo I, Paragrafi 1,2,4,9,11 + Schede 5 -> 9 per quanto riguarda il positivismo (con fotocopie che do in presenza) mentre per l'attivismo: Parte I, Capitolo III (tutto) + Schede (tutte);
    • Psicologia: Fotocopie sull'anziano (dal libro di testo) e, in aggiunta, fotocopie che darò in presenza sull'età adulta.
  • Mi raccomando la presenza: questo planning è anche a beneficio vostro per le turnazioni al lavoro, se avete modo di gestirle;
  • Il Venerdì 2 maggio sarà una giornata (serata) dedicata al lavoro sui pc per la creazione di Mappe Concettuali utilizzando il software che spesso vi ho consigliato. Chi ha la possibilità si porti anche il proprio notebook così da lavorare quanto più individualmente possibile.

Detto ciò, a presto!

mercoledì 23 aprile 2008

L'anima de li mejo...

...nessuna offesa, il titolo si capisce sempre dopo!
Dopo quindi aver visto il rapporto di stima - disistima tra Jung e Freud, passiamo ora ad analizzare nel dettaglio le teorie del giovine psicologo!
Tutto ebbe inizio da un sogno raccontato da Jung a Freud: una stanza arredata un po' old style portava, tramite scale, ad un nuovo spazio sottostante al primo, sempre più antico. Questa figura si ripeteva più di una volta, ripercorrendo sempre più all'indietro il tempo fino a giungere in una caverna dove si potevano scorgere delle ossa.
Effettivo Desiderio di morte, come ebbe a dire Freud?


Direi di no così come pure Jung ha detto no (aspè... lui ha detto sì, ma tanto per fare contento Freud... poi però ha precisato la natura del suo stesso sogno!).
Qui, cari miei, introduciamo il concetto di Inconscio Collettivo. L'andare sempre addietro nei tempi fino a quando, cito testualmente, si giunge ai confini con l'anima animale vuol dire che dentro di noi abbiamo qualcosa che, in chiave ereditaria, giunge fino alla nostra coscienza, alla nostra consapevolezza. Qualcosa che è sepolto, stratificato da generazioni, eppure ancora desideroso di comunicare con il nostro mondo tramite immagini, rappresentazioni (perché non potrebbe fare altrimenti). Questo insieme di immagini primordiali vengono definiti archetipi e sono lo strumento attraverso cui l'inconscio collettivo, a carattere impersonale e universale, viene a comunicare nel nostro inconscio personale, il quale altro non fa che innestarsi (nel momento in cui nasciamo) con il primo.
Da questo inconscio collettivo derivano alcune immagini chiave che poi costituiranno, in virtù della nostra esperienza (che si somma ad alcune determinazione ereditarie) la nostra personalità o tratti di essa.
Sto pensando ad esempio alla definizione di ombra, ovvero la parte nascosta, negativa di noi stessi, verso la quale noi rivolgiamo ogni male possibile e che, in virtù di questo sdoppiamento di personalità, tendiamo a considerarla come un residuo delle nostre rimozioni.
Oppure altre due definizioni importanti, quali quelle di Animus e Anima. L'animus, presente nelle donne, rappresenta la compensazione maschile (anche di natura biologica) nella personalità femminile e il contrario avviene grazie alla presenza dell'anima nella personalità maschile.

Riassumendo quanto finora detto (ma ovviamente dicendo di più), la psicologia Junghiana trova il suo fine nella individuazione del Sé ovvero nel far emergere la propria personalità (o coscienza, o Anima, o ), ovvero quello che lo rende un individuo vero e proprio.
Alleati per questa individuazione sono i processi simbolici che permettono tramite i Simboli (e gli Archetipi) di poter far emergere nel quadro confuso degli inconsci (collettivo e personale) una distinzione tra persona e ombra.
La personalità stessa si trova però, nel suo essere nel mondo, a dover vivere scissa tra il relazionarsi con l'oggetto o con il soggetto. In questi casi abbiamo diversi tipi caratteriali; chi si rivolge verso l'oggetto è un estroverso al contrario di chi, rivolgendosi verso il soggetto, è introverso.
Ora, poiché nessuna persona può essere solo una di queste proprietà, bisogna muoversi attraverso gradienti della personalità, ovvero un complesso schema attraverso cui noi riconosciamo alcuni caratteri dominanti della nostra personalità. Per identificarli, dobbiamo muoverci intorno a quattro criteri fondamentali, che ci contraddistinguono relativamente alla nostra predisposizione per l'esterno (verso l'oggetto) o all'interno (verso il soggetto). Questi sono: Pensiero, Sentimento, Intuizione e Sensazione.

Sembra difficile questo schema? Provate a mettere in pratica, pur con gli evidenti limiti di una semplificazione eccessiva, le teorie junghiane attraverso questi tre test sulla personalità; il primo è in italiano (più scarno di interesse) mentre i successivi, in inglese, sono decisamente più completi. Ve lo consiglio anche come esercizio di lingua: mettetevi con un vocabolario vicino e provate a rispondere a quelle domande. Se volete, nei commenti mettete il punteggio e il giudizio ottenuto (e quale test avete fatto).

Se 13 ore vi sembran poche

Tredici ore passano in fretta. È il normale corso di una giornata semi impegnata che fugge via indifferente tra cose da fare, spazi ritagliati per mangiare e qualche chiacchiera tra amici e famiglia. Diversa è la questione se uno passa tredici ore a parlare e a parlare.


Questo è il caso del nostro Carl Gustav Jung (1875 – 1961) che si trovò a colloquiare con il più ben noto psicoanalista Sigmund Freud nel giorno del loro primo incontro. Subito stimato da Jung – la stima era reciproca – Freud rappresentava per il nostro psicologo un punto incessante di riferimento sia in campo professionale che amicale. Un riferimento autorevole ma non dotato di quella infallibilità necessaria per non essere sottoposto alla forte critica che a lui venne riservata soprattutto sulle ormai ben note tesi sulla sessualità.
L'incontro tra Jung e Freud avvenne quando il primo, per dovere di verità, si trovò a difendere delle tesi esposte in un saggio del secondo sulla genesi della nevrosi; tale difesa era motivata dal fatto che, nonostante i diversi metodi applicati dai due psicologi, i risultati apparivano molto simili e ciò portò Jung a voler conoscere il padre della psicoanalisi. Le tredici ore a cui accennavo nel titolo rappresentano la durata di questo primo incontro, dove Jung ebbe a dire che Freud era stata la prima persona degna di rispetto e stima.
Così, anche negli incontri successivi non mancò mai il profondo legame di stima e affetto che ormai vicendevolmente andavano conferendosi sebbene piccoli aspetti (che divennero sempre più il solco di una loro, successiva, profonda divisione) iniziavano a consumare questo rapporto: innanzitutto la passione relativa alla parapsicologia e all’occultismo di Jung, mai accettata da Freud; poi la fossilizzazione di quest’ultimo sul sesso visto come causa (e colpa) di ogni cosa: veniva qui negata l’accezione di spirito, in Jung sempre cara; poi il mancato accorgersi che Jung era ormai indirizzato verso un cammino metodologico realmente autonomo.
L'evento clou dove avvenne la prima, grande, frattura con mastro Sigmund capitò durante un viaggio infinito verso l’America, in nave, dove avrebbero dovuto compiere una serie di conferenze. Nella reciproca analisi dei sogni, Jung si trovò a chiedere maggiori informazioni sulla vita personale del maestro al fine di interpretare in maniera corretta la narrazione onirica. Freud non volle dare alcuna di queste informazioni adducendo che non si sarebbe potuto permettere di perdere l'autorità nei suoi confronti. "La perse proprio in quell’istante" chiosa in maniera drastica Jung.
Come già ricordato, altri motivi poi consumarono questa amicizia: Jung stava già pensando al suo nuovo modo di concepire l'inconscio rivalutando, in chiave ereditaria, tutto il patrimonio che le esperienze delle vite passate hanno in noi. "Sessualità rimossa" o "Desiderio di morte" erano le risposte più gettonate da parte di un uomo sempre più chiuso nelle sue rivoluzionarie scoperte che però assumevano giorno dopo giorno un melanconico sapore di vintage.

martedì 11 marzo 2008

Variazioni d'organo in minore

Inutile ricordarvi che capirete il titolo nel corso del post se, mi riferisco ai presenti alle mie scorse lezioni, non avete già intuito la sottile (?) ironia (???).


Affrontiamo, nel presente articolo, il pensiero di un grande psicologo, tale Alfred Adler.
La prima riflessione che compio con voi è la seguente: possiamo chiamarlo post-freudiano?
Sì, ma anche (scusatemi, ma ormai è di moda) no.No perché le sue ricerche afferivano a percorsi differenti sin da prima di conoscere il grande Sigmund; , perché le sue dimissioni nel 1911 dalla società psicoanalitica viennese, che lo vedeva presidente, sono un segno inequivocabile di una rottura di interessi e di un controverso oggetto di studio nella pur medesima psicologia umana.
La contemporaneità con il padre dell'inconscio è altresì attestata dall'anagrafe: Alfred Adler nacque in un paesino austriaco nel 1870 (Freud nel 1856) e si spense in Gran Bretagna nel 1937 (Freud, pure lui a Londra, nel 1939). Vita breve, ma grandi riflessioni che purtroppo rimangono tuttora nascoste all'ombra di quei grandi colossi - Freud, ovviamente, e Jung - che contraddistingueranno la grande psicologia del profondo negli anni a venire.
Cerchiamo quindi di venire a queste grandi teorie adleriane cercando di essere il più lineari possibile.
Alfred Adler ha dimostrato sin da subito nella sua vita grande interesse sia per la medicina in generale (era oftalmico) che per la medicina interna in particolare, orientando la sua professione verso un'apertura sociale che nessuno, fino ad allora, aveva osato compiere. Sicuramente colpito dalle diverse sciagure storiche che stavano affliggendo l'Europa, fu arruolato come medico durante la grande guerra dove provò in prima persona i grandi traumi che questa comportò nella vita delle persone, anche in ottica di menomazioni e resistenza psicologica.
Il suo orientamento di metodo era, inoltre, indirizzato non tanto al gruppo o alla singola persona al gruppo dissociata, ma dall'individuo nella sua globale personalità (culturale quindi, non solo fisico-sessuale) nelle sue strette relazioni verso altri individui. Da qui possiamo dire chiaramente che l'orientamento psicologico adleriano assume il nome di Psicologia Individuale Comparata.
Quali sono quindi le proprietà e i disturbi di un individuo, così come lo intende Adler? Intanto la sua mente è rivolta al futuro, tesa a strutturare e pensare la sua personalità inserita nel tempo; si parlerà quindi di mete e di stili di vita che l'individuo deve e vorrà adottare sin dall'infanzia e più avanti nella sua età adulta. L'importanza e l'assoluta necessità di costruire un proprio stile di vita viene denominata da Adler volontà di potenza; questo termine, preso in prestito da Nietzsche, significa una pluralità di cose tra cui Autoconservazione e, nella prospettiva psicologica, espressione del proprio sé creativo, ovvero quella parte nostra correlata alle attitudini, alle basi genetiche, alle caratteristiche e proprietà a noi intime che debbono essere portate a galla per strutturare la nostra identità e personalità.
Ogni stile di vita, ovviamente, deve avere un ruolo sociale, culturale e inter-individuale dove esprimersi e per fare questo necessita sempre e comunque di porsi in relazione con i diversi stili di vita proposte dalle altre persone con cui entra in contatto. Se può sembrare suggestiva come visione dobbiamo però ricordarci che ogni relazione umana implica una relazione quantitativa e qualitativa. Non possiamo conoscere una persona se poi non la osserviamo, non la giudichiamo (non moralmente, ma anche solo percettivamente) e la poniamo in relazione con noi.
Cosa succede, si chiedeva Alfred Adler, se in questa comparazione risulta che noi siamo deficitari, manchevoli, asimmetrici e inferiori in qualcosa rispetto all'altro?
Se questo accade da bambino, poiché sin dalla più tenera età noi poniamo serie fondamenta a quello che saremo più avanti nella vita, è fisiologico percepire un certo sentimento di inferiorità. Pensiamo a bambini di estrazione sociale differente o a pargoli con piccoli deficit fisici (il trauma dell'apparecchio, degli occhiali o di corpi non ancora armonici e coordinati).
Bene, come superare questo? Servono due strade che lavorino in sincronia e queste sono da un lato la costellazione familiare e il sentimento sociale e dall'altro il ruolo psicologico interno della finzione.
Quest'ultima, la finzione, è il crearsi uno stile di vita diverso e non reale da quello invece che si vive al fine di ridurre il malessere che si avverte nel distacco tra i diversi stili di vita.
Questa distanza è causata, sia nel bambino che, come vedremo, più avanti nell'adulto, da ciò che viene definito inferiorità dell'organo (vedi titolo) e non è solo riferibile a questioni fisiche-organiche, ma si parla di inferiorità a 360°.
Riguardo invece gli altri termini, la costellazione familiare e il sentimento sociale sono due espressioni presenti nella psicologia adleriana che ci fanno capire come il ruolo della famiglia e della cooperazione all'interno della società giochino un ruolo più che importante per la crescita armonica del bambino. Costituiscono quello che è alla base dell'autostima e dell'incoraggiamento e che serviranno al bambino a ridurre, anzi a compensare, la finzione fin qui inconsciamente utilizzata a scopo auto-terapeutico.
Se però sia la costellazione familiare che il sentimento sociale sono stati poco utili a far compensare in senso armonico quella fisiologica finzione in cui il bambino si è nascosto cosa succede? Succede che dal semplice sentimento di inferiorità si passi al ben più serio complesso di inferiorità, caratteristica propria dell'adulto.
Alla pari del sentimento, anche il complesso di inferiorità ha lo scopo di compensare distanze tra stili di vita e utilizza sempre la finzione come possibile strada operativa. Solo che la finzione si maschera di autoinganno e questo trova il suo istinto di sopravvivenza (in questo caso quasi una reale volontà di potenza) nell'aggressività.
L'aggressività è quindi uno strumento per compensare pienamente i piani di vita (proprio e altrui) che si percepiscono falsati, diversi e staccati l'uno dall'altro. Anzi: l'aggressività riesce anche a far sembrare il nostro stile di vita superiore non solo rispetto agli altri, ma anche superiore a quanto noi riusciamo a sopportare.
L'origine della nevrosi, cioè di un disagio o malattia di carattere psicologico, è proprio qui secondo Adler, nell'autoinganno che porta l'aggressività a manifestarsi per non farci apparire inferiori nel rapporto con gli altri.
Compito dell'analista (secondo il metodo individuale comparato) è quello di sgamare questi autoinganni, proponendo mete (ovvero modelli di stile di vita) più facilmente raggiungibili e facendo notare al paziente come gli altri stili siano totalmente avulsi dalla loro personalità.

Nel box del download potete trovare una scheda riassuntiva delle principali differenze tra il nostro Alfred Adler e Sigmund Freud.

Buono studio!

mercoledì 5 marzo 2008

Le forme dei gradini

C'è chi teorizza e non agisce, chi agisce per poi teorizzare, chi fa tutte e due le cose insieme (come farà dico io) e chi ha lo sguardo tanto lungo da vedere al di là degli anni che gli fanno da cornice esistenziale.


Johann Friedrich Herbart, 1776-1841, è uno di questi. Vissuto nella piena età Romantica, pone le basi per quello che sarà il successivo pensiero positivista e attivista pedagogico.
Tanto per citare alcuni incontri, possiamo annoverare nel 1794 l'incontro con Kant e nel 1799 quello con Pestalozzi. Proprio questi due incontri porranno le basi del suo pensare filosofico e pedagogico. Innanzitutto Herbart riconosce un valore autonomo della Pedagogia alla Filosofia (tié, dico io), poi capisce che lo spontaneismo (come vuole il senso comune, ma anche quello "alla Pestalozzi", per intenderci) non è sufficiente per fare Pedagogia: serve una metodologia netta, chiara e, perché no, valutabile, verificabile.
Le innovazioni di stampo pre-positiviste che Herbart compie - gran parte di queste contenute nella sua opera Pedagogia Generale dedotta dal fine dell'educazione del 1806 e nell'altra opera dal titolo Disegno di Lezioni di Pedagogia del 1835 -, non si riducono solo a quanto detto. La pedagogia in sé è ancora legata alla filosofia e per renderla veramente autonoma serve che diverse discipline vi afferiscano, in maniera strumentale, per un fine comune. Tale fine comune è sicuramente la moralità, e le materie che vi afferiscono sono principalmente la Psicologia, l'estetica e l'etica.
tralasciando la psicologia, che si affronterà a breve, etica ed estetica sono le discipline strumentali che concorrono al fine ultimo morale, poiché strutturano cinque idee, belle e buone, che l'educando (fanciullo o scolaro che sia) deve raggiungere.
Queste cinque idee sono:
  1. Idea della libertà interiore - ovvero il potersi esprimere al pieno secondo le proprie attitudini e doveri;
  2. Idea della Perfezione - cioè il portare se stessi al massimo e più perfetto compimento;
  3. Idea della benevolenza - ovvero l'armonia che sussiste tra le diverse volontà, mie e degli altri;
  4. Idea del Diritto - cioè la regolamentazione del conflitto tra le diverse volontà;
  5. Idea dell'equità - ovvero il giusto equilibrio tra azioni e ricompensa.

In tutto questo la psicologia gioca un ruolo cardine, poiché è il viatico per giungere al fine educativo, poiché esplicita il procedimento conoscitivo definendo il soggetto conoscente. In altre parole fornisce i mezzi per realizzare il fine educativo e per accertarne i limiti entro i quali il fine è accettabile.
Chi è allora questo soggetto conoscente?
Ovviamente un bambino, che a seconda della fascia di età assume proprietà ed esigenze differenti:
  • 0-3 anni - Vi è una prevalenza della sensibilità e della motricità; esplorazione libera di oggetti;
  • 4-8 anni - Il bambino ha bisogno di essere governato (ci torniamo più tardi);
  • Adolescenza - compare l'astrazione e l'immaginazione, vi sono le prime predilezioni e i primi interessi concreti;
  • Giovinezza - Prime delusioni; l'istruzione è legata con la sfera morale.

Avrete capito che, come per altri, anche per Herbart il bambino nasce senza moralità e volontà e quindi va ridimensionato da ciò che lui stesso chiama governo, ovvero da ciò che gestisce l'istruzione, quindi la scuola, e custodisce la famiglia. Questo governo agisce inoltre tramite la minaccia, la sorveglianza e il rapporto dinamico tra autorità e amore (non vi ricorda ciò che dirà poi Freud?).
Facciamo però un passo indietro e ritorniamo alla Psicologia. Essa non aveva solo una funzione identificativa del soggetto conoscente ma viatica per giungere al fine educativo. Qual è quindi la strada migliore per incoraggiare un ragazzo verso la moralità e verso l'istruzione?
Herbart risponderà con l'Interesse e con l'utilizzo di questo interesse non sono in chiave mono-tematica, ovvero legato ad una singola disciplina o indirizzo, ma multilaterale, ovvero includente di diversi fattori e discipline.
La multilateralità dell'interesse richiede quindi un complesso respiro pedagogico che è alla base di quello che Herbart chiamerà la Didattica dei gradi formali. Questa, così come l'idea del respiro pedagogico alla base della multilateralità, è infatti strutturata in quattro gradi, che sono precisamente:
  1. Chiarezza, ovvero la distinzione dei particolari, la presentazione di un argomento e l'esposizione degli obiettivi;
  2. Associazione, quindi la concordanza tra diversi studi, tra le affinità presenti tra diverse materie, e tra i prerequisiti e ciò che verrà spiegato in una materia;
  3. Sistema, ovvero dare un ordine agli apprendimenti, vedere quali nuove informazioni sono state aggiunte e fare un bilancio di ciò che si è appreso;
  4. Metodo, ovvero applicare le conoscenze acquisite, anche a livello lavorativo e pratico.

Capirete bene come entri a pieno titolo, nelle Scienze dell'educazione teorizzate da Herbart, anche la Didattica che, grazie ai quattro gradi formali qui teorizzati, trova la base della odierna didattica (basata sui prerequisiti, sui bilanci delle competenze e così via).

Buono studio!

mercoledì 30 gennaio 2008

Che due palle questo autore!

Capirete, verso la fine del post questo, assolutamente non offensivo, titolo!

La pedagogia, dopo Pestalozzi, ha subito un radicale cambiamento. Pur essendo ancora pensata come ancilla della filosofia, al pari della teologia e della metafisica nonché come certa psicologia, la pedagogia sta iniziando ad acquisire piena autonomia di metodo e teoria. Resta però ancora rilevante il contributo ora di Rousseau ora di Schelling al pensiero dell'autore delle due palle di cui sopra dal nome di Friedrich Fröbel.
Fröbel, nato in Turingia ovvero nella Prussia che ben conosciamo (Kant, Fichte...), attinge molto da due filosofi a lui precedenti:

  • Il primo, Rousseau, perché anche lui, così come lo svizzero, aveva intuito il forte valore formativo della natura;
  • il secondo, Schelling, perché questa natura non era solo qualcosa di materiale, inanimato, ma diviene la sede della razionalità (quella che per Fichte risiedeva nell'Io), di una razionalità dal carattere assoluto che la fa corrispondere alla divinità. Natura e divinità, con Schelling (e Fröbel riprende questa definizione) coincidono.

Ma chi era, il nostro Pedagogista tedesco?


Friedrich Wilhelm August Fröbel (1782 - 1852), orfano di madre, nasce in Prussia (come già ricordato).
Fu l'incontro con un allievo di Pestalozzi a portarlo sulla strada pedagogica tanto che, nel 1816, fonda L'Istituto per l'impulso dei fanciulli e dei giovinetti all'attività con sede a Keilah (Kailau).
Forte di quest'esperienza, nel 1826, scriverà L'educazione dell'uomo, testo in cui sono contenute le sue teorie principali, poi vagliate da nuove conquiste sul piano teorico.
Appare chiaro come il primo concetto da rivoluzionare, ancor prima del senso della natura, sia quello relativo all'età di accesso dei bambini al mondo dell'apprendimento istituzionalizzato; se prima era dogma riferirsi ai 7 anni come data di avvio, Fröbel rivoluziona il tutto dicendo che sin dalla nascita i bambini possono ricevere una determinata istruzione e cura. L'attività di formazione era quindi rivolta non solo ai piccoli, ma anche alle Maestre (poi Maestre Giardiniere (vedi sotto) e alle (future) madri.
Sempre nella stessa sede, Keilhau, nel triennio 1837-1840, con particolare attenzione a quest'ultima data, fonda i Giardini d'infanzia che si chiamavano Vivai di bambini.
Così come Pestalozzi, anche il buon Federico Guglielmo Augusto si è trovato in difficoltà con l'autorità costituita tanto da vedersi accusare di fornire un'attività e un'educazione atea e socialista. Correva l'anno 1848.
Nel 1852 Fröbel moriva.

Nell'affrontare alcune idee tematiche del pensiero del pedagogista tedesco, possiamo basarci su:
  1. Idea di natura
  2. Contributo Psicologico
  3. Contributo educativo

Idea di natura
Tutto è uscito dalla divinità, da Dio e per mezzo di Dio è costruito in unità
Divinità e Natura. Ecco gli elementi essenziali. Nella natura vi è una manifestazione diretta della ragione e un'espressione vitale della divinità.
L'educazione deve quindi sviluppare, esternalizzare, rappresentare l'essenza divina di ogni cosa, attraverso l'esercizio.


Contributo psicologico
Bisogna individuare ora le caratteristiche dei destinatari di una possibile azione pedagogica. Quali bisogni compaiono in quali età e quale quindi la risposta migliore, di volta in volta?
Intanto vi è la prima critica all'adultismo, ovvero a considerare il bambino un piccolo adulto senza concentrare e rimodellare l'azione pedagogica a sua misura.
Pestalozzi ci aveva provato, Fröbel inizierà l'affermazione del principio della centralità del bambino (in cui la Montessori è la massima esponente.
L'esigenza di una periodizzazione ricalca quanto detto finora.
Fröbel quindi divide lo sviluppo del bambino in due fasi, del Lattante e della Fanciullezza. Mentre nella prima, del Lattante, il bambino sente in sé una forza vitale nascente e reagisce con degli stimoli (pianto e sorriso), nella seconda fase il bambino si muove attraverso due cardini dello sviluppo cognitivo-sociale: la parola e il gioco.
La Parola deve partire sempre da un dato concreto e, successivamente, astratto. Essa è dopotutto simbolo, associazione convenzionale di un nome con un oggetto.
Il Gioco è, a detta proprio del nostro,
Il più alto grado dello svolgimento infantile, dello svolgimento umano, poiché è la libera, spontanea espressione dell'interno per la necessità e il bisogno dell'interno stesso. [...] Il prodotto più puro e spirituale dell'uomo, modello e immagine dell'intera vita umana, dell'intima segreta vita spirituale dell'uomo.

Il gioco infatti è la base della vita futura, e non è solo divertimento fine a sé ma, anzi, è per i bambini un vero e proprio lavoro!
Bisogna quindi rispettare il diritto al gioco.


Contributo educativo
Lo stimolo, l'azione esercitat sull'uomo come essere che diviene consapevole di sé, pensante, intelligente, verso la rappresentazione pura e incontaminata della legge interiore, del divino, con coscienza e liberà e indicargli la via e i mezzi di che vi giungono.

L'educazione è quindi una via maestra per far rappresentare l'essenza divina in ogni cosa, della natura e dell'uomo stesso.
Vi è, in questo, l'idea di un maestro inteoriore che coincide con la legge universale (dovere kantiano?) a cui ogni bambino si deve assoggettare.
L'educazione deve dare e prendere, prescrivere e secondare verso i criteri di giusto e ottimo.
Dove però mettere in pratica tutte queste concezioni?
Nei Kindergarden, o giardini dell'infanzia.
I giochi, che ricordo sono l'accoppiata di Divertimento e Lavoro, hanno la finalità di fortificare il corpo, sviluppare e coltivare abitudini e renderlo disciplinato per mezzo dell'azione.
Uno dei compiti di base è quello di curare nella costruzione (non lo fanno i bambini che vi lavorano dentro) un giardino personale all'interno di un ambiente che sia sereno, pieno di illustrazioni con, all'angolo di questo ambiente, dei giocattoli.
Il giardino ha lo scopo di far osservare come la crescita dei frutti e dei fiori dipenda sì dalla natura e dalle sue leggi ma anche dalla nostra iniziativa.
L'azione pedagogica che quindi si può compiere è a due livelli:
  1. Attività educativa
  2. , ovvero l'utilizzo del Disegno, che è l'espressione del proprio mondo interiore e è alla base della seconda attività educativa, ovvero la capacità di contare. Terza azione è il canto come espressione di felicità; segue la creazione di piccoli oggetti, come segno di vicinanza al Creatore e, last but not least, l'esercizio fisico e la ginnastica.
  3. Uso dei doni. Questo è forse l'elemento più importante e per cui viene ricordato Fröbel.
    I dono altro non sono che semplici oggetti che permettono di sviluppare la sua forza immaginativa e la sua fantasia.
    Precisamente, i giochi sono:
    1. La Palla (o anche diverse palle colorate), simbolo sia dell'infinito che, in presenza multipla, della molteplicità
    2. La sfera, il cubo e il cilindro: espressioni di Movimento (Sfera), Riposo (Cubo) e Varietà (tra la quiete e il movimento, come legge dei contrasti)
    3. Un cubo diviso in 8 cubi, o in 8 mattoni o in 27 piccoli cubetti: questo vale come intuizione delle grandezze e come essenza del tutto e della molteplicità.
    4. Scatola da 48 tavolette quadrate, e assicelle per lavori di intreccio
    5. Il filo: questo, insieme al punto precedente, rappresentano la conoscenza delle forme geometriche e sono riservati ai bambini dai 5 ai 7 anni.


Il giardino inoltre è composto da due parti, una comune e una individuale, di circa 1mq); la gestione comune del giardino è immagine della famiglia che lavora e vive insieme, e la crescita delle piante (anche nel proprio orticello) vuole raffigurare l'immagine di sé.

Ecco concluso il nostro tedesco... mica male, eh!

martedì 8 gennaio 2008

L'elvetico sfigato

...e non è il nome di una nave naufragata tragicamente nelle acque ostili del nord.
Qui si ironizza su chi, a dire il vero, ha fatto molto per la nostra tanto amata e venerata e rispettata e studiat...no, ora esagero, materia.

Parlo ovviamente di Johann Heinrich Pestalozzi. Pedagogista svizzero, come avrete intuito dal titolo, fu uno dei primi pensatori ad agire praticamente al fine pedagogico, preferendo il contatto diretto con i bambini a teorizzazioni razionali che certo non mancarono ma non furono del livello pratico e immediato raggiunto.
Esperienze queste, come vedremo più avanti, fallite tutte per mancanza di fondi e per tradimento degli amici più fidati.
Come raramente accade, la vita è già in sé esplicativa della sua attività pedagogica e quindi la riassumiamo in alcuni punti per una maggiore chiarezza espositiva:
  1. 1746 - Nascita di Pestalozzi, a Zurigo. Morte prematura del padre e totale punto di riferimento nella sua educazione da parte della madre e della badante
  2. 1768-1780, Neuhof - (pron. Noiof) Pestalozzi, dopo un primo interesse verso Rousseau, nel 1774 decide di mettere in pratica quanto pensato finora ristrutturando una cascina e aprendola ai poveri e agli orfani. Questo diviene un periodo fecondo perché è alla base del suo metodo chiamato metodo elementare che teorizzerà pochi anni più avanti.
    La mancanza di finanziamenti porta Pestalozzi a chiudere questo suo primo esperimento.
  3. 1780-1798, Rivoluzione francese - Spinto dalla forte azione sociale e politica della rivoluzione, va a capo di una confederazione svizzera, acquisisce la cittadinanza francese e inizia a scrivere al suo grande romanzo pedagogico, il più grande del romanticismo, Leonardo e Gertrude. Il primo libro, del 1781 è così importante che decide di ampliare la storia e compone altri 3 libri, rispettivamente nel 1783, 1785, 1787.
  4. 1798-1799, Stans - Pestalozzi, triste e sfiduciato per il terrore instaurato nella rivoluzione francese, decide di aprire a Stans un orfanotrofio (circa 80 utenze) che però venne dismesso in tempi brevi.
  5. 1799-1084, Burgdorf - Dapprima insegnante in una scuola privata, poi in una statale, Burgdorf segna per Pestalozzi il concretizzare alcune teorie prima del grande conclusivo periodo a Yverdon. Rileva un castello, che divenne una scuola, la sua scuola, con 8 ore di aprtura, con l'insegnamento secondo il metodo elementare e con alcuni elementi all'interno di esso come la scrittura seconda al disegno e l'approccio intuitivo alla base di ogni cosa.
    Osteggiato però dall'aristocrazia, preannunciando così la futura restaurazione a livello politico generale, Pestalozzi fu costretto a chiudere l'esperienza di Burgdorf. Scrive, inoltre, (questo è da sapere), Come Gertrude istruisce i suoi figli, una raccolta di 14 saggio pedagogici.
  6. 1805-1824, Yverdon - Sicuramente il periodo più lungo nelle diverse esperienze pedagogiche, però anche il più amaro, Pestalozzi a Yverdon approfondisce i presupposti teorici del suo metodo abbozzando un testo dal titolo Idee, esperienze e Mezzi per promuovere un'educazione conforme alla natura umana.
    Già dal 1814 iniziano però degli scontri con i collaboratori, sia dal punto di vista teorico che umano che porteranno la situazione ad essere ingestibile e nel 1824 a costringerlo a tornare a Neuhof
  7. 1824-1828, Neuhof - Stanco e deluso dai tanti tradimenti, trova forza ancora per scrivere l'ultima sua opera, testamento pedagogico-spirituale a difesa delle sue tesi, chiamata Il canto del Cigno. Muore nel 1828.

Parafrasando Rousseau e, successivamente, Kant, anche Pestalozzi approfondisce il tema delle percezioni sensibili e dell'esperienza della natura. Il valore molto forte che stava maturando nella filosofia continentale (pensate a Fichte) riguardo il valore della natura, fa però dire a Pestalozzi che all'esperienza non va data solo il senso di contatto diretto, ma l'esperienza stessa forma la personalità, fa capire la forma stessa impressa da Dio all'interno del creato.
Fondamentalmente, sono due i percorsi che porta avanti: l'educazione popolare e l'interesse ai fattori politico sociali, espressi nella rivoluzione francese.
L'educazione popolare, così come gran parte del suo pensiero pedagogico, è ben chiarito all'interno della sua opera Leonardo e Gertrude: ambientato in Germania, nel paese fittizio di Bonnel, alla presenza di un regime feudale si raccontano le vicende di una coppia, Leonardo e Gertrude appunto, che non godono di buona salute economica. Sarà Gertrude a reagire ai soprusi di Hummel, il podestà de feudo e a ridare speranza dapprima ai figli riguardo un'istruzione basata su quelli che sono i dettami del metodo elementare che andremo a vedere a breve. Importantissima è la figura della madre. I successivi libri fanno intendere il percorso che l'educazione dovrà compiere, partendo dalla famiglia fino ad arrivare al sistema nazionale.

Riguardo al metodo elementare, Pestalozzi si rende conto che l'unica educazione possibile si basa sull'intuizione diretta mediata dall'esperienza nella natura. Intuizione, basata ovviamente sui cinque sensi, che però deve compiere un percorso di chiarificazione, attraverso il pensare dei concetti precisi. Significa quindi che bisogna educare i bambini secondo alcuni steps che si possono così riassumere:
  • individuare gli elementi necessari
  • individuare elementi di base nelle conoscenze
  • partire dall'inessenziale per giungere all'essenziale
  • gestire i gradi di importanza delle cose, prendendo esempio dalla natura
  • ordinare oggetti per somiglianza
  • ogni concetto nuovo è da aggiungersi a qualcosa già appreso
  • partire dal semplice e pian piano giungere alla complessità.

Il metodo elementare deve quindi muoversi in tre aree fondamentali e ad ognuna di esse viene associato l'organo corrispondente:
  • Cognitiva, avendo a mente che essa si articola in base al numero, alla forma e al linguaggio. I bambini infatti, approdano alla matematica grazie a semplici questione algebriche, così come identificano e distinguono gli oggetti in base alla loro forma e al loro colore; solo dopo riescono a dare un nome all'oggetto; l'organo associato è la mente.
  • Pratica, ovvero articolando e manipolando gli oggetti, utilizzando quelle abilità nello battere, nel portare o nello gettare, nello spingere piuttosto che nel torcere, nell'agitare e nel farlo giacere; l'organo associato è quello della mano.
  • Morale, perché tutto viene dall'Amore, di Dio e della madre, primissima fonte di amore in famiglia. Così come Aristotele, sarà l'abitudine all'amore a educare moralmente il bambino. L'organo associato sarà quindi il cuore.


Buona serata e buona ripresa nello studio!