lunedì 28 aprile 2008

PPP

Ovvero: Planning Psico (o Psycho) Pedagogico.
Ovvero (II): Quello che faremo in questo mese entrante, nel dettaglio.


Come potete vedere è già tutto bello che strutturato, manca solo la vostra presenza.

Qualche piccola cosa, al volo:
  • Chi c'è c'è e chi non c'è si prepari: ogni lezione si spiegherà e si assegnerà il lavoro da svolgere per lo studio individuale;
  • Le i vogliono significare la possibilità di essere interrogati, nei limiti del tempo e dell'orario. Quindi preparatevi e, se sapete che dovete essere interrogati, rendetevi pronti;
  • Non di solo blog vive lo studente del Nobel ma anche dei libri di testo che vi ho consigliato di comprare/fotocopiare a inizio anno: nel dettaglio di questo planning sappiate che:
    • Pedagogia:Volume III, Parte I, Capitolo I, Paragrafi 1,2,4,9,11 + Schede 5 -> 9 per quanto riguarda il positivismo (con fotocopie che do in presenza) mentre per l'attivismo: Parte I, Capitolo III (tutto) + Schede (tutte);
    • Psicologia: Fotocopie sull'anziano (dal libro di testo) e, in aggiunta, fotocopie che darò in presenza sull'età adulta.
  • Mi raccomando la presenza: questo planning è anche a beneficio vostro per le turnazioni al lavoro, se avete modo di gestirle;
  • Il Venerdì 2 maggio sarà una giornata (serata) dedicata al lavoro sui pc per la creazione di Mappe Concettuali utilizzando il software che spesso vi ho consigliato. Chi ha la possibilità si porti anche il proprio notebook così da lavorare quanto più individualmente possibile.

Detto ciò, a presto!

mercoledì 23 aprile 2008

L'anima de li mejo...

...nessuna offesa, il titolo si capisce sempre dopo!
Dopo quindi aver visto il rapporto di stima - disistima tra Jung e Freud, passiamo ora ad analizzare nel dettaglio le teorie del giovine psicologo!
Tutto ebbe inizio da un sogno raccontato da Jung a Freud: una stanza arredata un po' old style portava, tramite scale, ad un nuovo spazio sottostante al primo, sempre più antico. Questa figura si ripeteva più di una volta, ripercorrendo sempre più all'indietro il tempo fino a giungere in una caverna dove si potevano scorgere delle ossa.
Effettivo Desiderio di morte, come ebbe a dire Freud?


Direi di no così come pure Jung ha detto no (aspè... lui ha detto sì, ma tanto per fare contento Freud... poi però ha precisato la natura del suo stesso sogno!).
Qui, cari miei, introduciamo il concetto di Inconscio Collettivo. L'andare sempre addietro nei tempi fino a quando, cito testualmente, si giunge ai confini con l'anima animale vuol dire che dentro di noi abbiamo qualcosa che, in chiave ereditaria, giunge fino alla nostra coscienza, alla nostra consapevolezza. Qualcosa che è sepolto, stratificato da generazioni, eppure ancora desideroso di comunicare con il nostro mondo tramite immagini, rappresentazioni (perché non potrebbe fare altrimenti). Questo insieme di immagini primordiali vengono definiti archetipi e sono lo strumento attraverso cui l'inconscio collettivo, a carattere impersonale e universale, viene a comunicare nel nostro inconscio personale, il quale altro non fa che innestarsi (nel momento in cui nasciamo) con il primo.
Da questo inconscio collettivo derivano alcune immagini chiave che poi costituiranno, in virtù della nostra esperienza (che si somma ad alcune determinazione ereditarie) la nostra personalità o tratti di essa.
Sto pensando ad esempio alla definizione di ombra, ovvero la parte nascosta, negativa di noi stessi, verso la quale noi rivolgiamo ogni male possibile e che, in virtù di questo sdoppiamento di personalità, tendiamo a considerarla come un residuo delle nostre rimozioni.
Oppure altre due definizioni importanti, quali quelle di Animus e Anima. L'animus, presente nelle donne, rappresenta la compensazione maschile (anche di natura biologica) nella personalità femminile e il contrario avviene grazie alla presenza dell'anima nella personalità maschile.

Riassumendo quanto finora detto (ma ovviamente dicendo di più), la psicologia Junghiana trova il suo fine nella individuazione del Sé ovvero nel far emergere la propria personalità (o coscienza, o Anima, o ), ovvero quello che lo rende un individuo vero e proprio.
Alleati per questa individuazione sono i processi simbolici che permettono tramite i Simboli (e gli Archetipi) di poter far emergere nel quadro confuso degli inconsci (collettivo e personale) una distinzione tra persona e ombra.
La personalità stessa si trova però, nel suo essere nel mondo, a dover vivere scissa tra il relazionarsi con l'oggetto o con il soggetto. In questi casi abbiamo diversi tipi caratteriali; chi si rivolge verso l'oggetto è un estroverso al contrario di chi, rivolgendosi verso il soggetto, è introverso.
Ora, poiché nessuna persona può essere solo una di queste proprietà, bisogna muoversi attraverso gradienti della personalità, ovvero un complesso schema attraverso cui noi riconosciamo alcuni caratteri dominanti della nostra personalità. Per identificarli, dobbiamo muoverci intorno a quattro criteri fondamentali, che ci contraddistinguono relativamente alla nostra predisposizione per l'esterno (verso l'oggetto) o all'interno (verso il soggetto). Questi sono: Pensiero, Sentimento, Intuizione e Sensazione.

Sembra difficile questo schema? Provate a mettere in pratica, pur con gli evidenti limiti di una semplificazione eccessiva, le teorie junghiane attraverso questi tre test sulla personalità; il primo è in italiano (più scarno di interesse) mentre i successivi, in inglese, sono decisamente più completi. Ve lo consiglio anche come esercizio di lingua: mettetevi con un vocabolario vicino e provate a rispondere a quelle domande. Se volete, nei commenti mettete il punteggio e il giudizio ottenuto (e quale test avete fatto).

Se 13 ore vi sembran poche

Tredici ore passano in fretta. È il normale corso di una giornata semi impegnata che fugge via indifferente tra cose da fare, spazi ritagliati per mangiare e qualche chiacchiera tra amici e famiglia. Diversa è la questione se uno passa tredici ore a parlare e a parlare.


Questo è il caso del nostro Carl Gustav Jung (1875 – 1961) che si trovò a colloquiare con il più ben noto psicoanalista Sigmund Freud nel giorno del loro primo incontro. Subito stimato da Jung – la stima era reciproca – Freud rappresentava per il nostro psicologo un punto incessante di riferimento sia in campo professionale che amicale. Un riferimento autorevole ma non dotato di quella infallibilità necessaria per non essere sottoposto alla forte critica che a lui venne riservata soprattutto sulle ormai ben note tesi sulla sessualità.
L'incontro tra Jung e Freud avvenne quando il primo, per dovere di verità, si trovò a difendere delle tesi esposte in un saggio del secondo sulla genesi della nevrosi; tale difesa era motivata dal fatto che, nonostante i diversi metodi applicati dai due psicologi, i risultati apparivano molto simili e ciò portò Jung a voler conoscere il padre della psicoanalisi. Le tredici ore a cui accennavo nel titolo rappresentano la durata di questo primo incontro, dove Jung ebbe a dire che Freud era stata la prima persona degna di rispetto e stima.
Così, anche negli incontri successivi non mancò mai il profondo legame di stima e affetto che ormai vicendevolmente andavano conferendosi sebbene piccoli aspetti (che divennero sempre più il solco di una loro, successiva, profonda divisione) iniziavano a consumare questo rapporto: innanzitutto la passione relativa alla parapsicologia e all’occultismo di Jung, mai accettata da Freud; poi la fossilizzazione di quest’ultimo sul sesso visto come causa (e colpa) di ogni cosa: veniva qui negata l’accezione di spirito, in Jung sempre cara; poi il mancato accorgersi che Jung era ormai indirizzato verso un cammino metodologico realmente autonomo.
L'evento clou dove avvenne la prima, grande, frattura con mastro Sigmund capitò durante un viaggio infinito verso l’America, in nave, dove avrebbero dovuto compiere una serie di conferenze. Nella reciproca analisi dei sogni, Jung si trovò a chiedere maggiori informazioni sulla vita personale del maestro al fine di interpretare in maniera corretta la narrazione onirica. Freud non volle dare alcuna di queste informazioni adducendo che non si sarebbe potuto permettere di perdere l'autorità nei suoi confronti. "La perse proprio in quell’istante" chiosa in maniera drastica Jung.
Come già ricordato, altri motivi poi consumarono questa amicizia: Jung stava già pensando al suo nuovo modo di concepire l'inconscio rivalutando, in chiave ereditaria, tutto il patrimonio che le esperienze delle vite passate hanno in noi. "Sessualità rimossa" o "Desiderio di morte" erano le risposte più gettonate da parte di un uomo sempre più chiuso nelle sue rivoluzionarie scoperte che però assumevano giorno dopo giorno un melanconico sapore di vintage.