martedì 11 marzo 2008

Variazioni d'organo in minore

Inutile ricordarvi che capirete il titolo nel corso del post se, mi riferisco ai presenti alle mie scorse lezioni, non avete già intuito la sottile (?) ironia (???).


Affrontiamo, nel presente articolo, il pensiero di un grande psicologo, tale Alfred Adler.
La prima riflessione che compio con voi è la seguente: possiamo chiamarlo post-freudiano?
Sì, ma anche (scusatemi, ma ormai è di moda) no.No perché le sue ricerche afferivano a percorsi differenti sin da prima di conoscere il grande Sigmund; , perché le sue dimissioni nel 1911 dalla società psicoanalitica viennese, che lo vedeva presidente, sono un segno inequivocabile di una rottura di interessi e di un controverso oggetto di studio nella pur medesima psicologia umana.
La contemporaneità con il padre dell'inconscio è altresì attestata dall'anagrafe: Alfred Adler nacque in un paesino austriaco nel 1870 (Freud nel 1856) e si spense in Gran Bretagna nel 1937 (Freud, pure lui a Londra, nel 1939). Vita breve, ma grandi riflessioni che purtroppo rimangono tuttora nascoste all'ombra di quei grandi colossi - Freud, ovviamente, e Jung - che contraddistingueranno la grande psicologia del profondo negli anni a venire.
Cerchiamo quindi di venire a queste grandi teorie adleriane cercando di essere il più lineari possibile.
Alfred Adler ha dimostrato sin da subito nella sua vita grande interesse sia per la medicina in generale (era oftalmico) che per la medicina interna in particolare, orientando la sua professione verso un'apertura sociale che nessuno, fino ad allora, aveva osato compiere. Sicuramente colpito dalle diverse sciagure storiche che stavano affliggendo l'Europa, fu arruolato come medico durante la grande guerra dove provò in prima persona i grandi traumi che questa comportò nella vita delle persone, anche in ottica di menomazioni e resistenza psicologica.
Il suo orientamento di metodo era, inoltre, indirizzato non tanto al gruppo o alla singola persona al gruppo dissociata, ma dall'individuo nella sua globale personalità (culturale quindi, non solo fisico-sessuale) nelle sue strette relazioni verso altri individui. Da qui possiamo dire chiaramente che l'orientamento psicologico adleriano assume il nome di Psicologia Individuale Comparata.
Quali sono quindi le proprietà e i disturbi di un individuo, così come lo intende Adler? Intanto la sua mente è rivolta al futuro, tesa a strutturare e pensare la sua personalità inserita nel tempo; si parlerà quindi di mete e di stili di vita che l'individuo deve e vorrà adottare sin dall'infanzia e più avanti nella sua età adulta. L'importanza e l'assoluta necessità di costruire un proprio stile di vita viene denominata da Adler volontà di potenza; questo termine, preso in prestito da Nietzsche, significa una pluralità di cose tra cui Autoconservazione e, nella prospettiva psicologica, espressione del proprio sé creativo, ovvero quella parte nostra correlata alle attitudini, alle basi genetiche, alle caratteristiche e proprietà a noi intime che debbono essere portate a galla per strutturare la nostra identità e personalità.
Ogni stile di vita, ovviamente, deve avere un ruolo sociale, culturale e inter-individuale dove esprimersi e per fare questo necessita sempre e comunque di porsi in relazione con i diversi stili di vita proposte dalle altre persone con cui entra in contatto. Se può sembrare suggestiva come visione dobbiamo però ricordarci che ogni relazione umana implica una relazione quantitativa e qualitativa. Non possiamo conoscere una persona se poi non la osserviamo, non la giudichiamo (non moralmente, ma anche solo percettivamente) e la poniamo in relazione con noi.
Cosa succede, si chiedeva Alfred Adler, se in questa comparazione risulta che noi siamo deficitari, manchevoli, asimmetrici e inferiori in qualcosa rispetto all'altro?
Se questo accade da bambino, poiché sin dalla più tenera età noi poniamo serie fondamenta a quello che saremo più avanti nella vita, è fisiologico percepire un certo sentimento di inferiorità. Pensiamo a bambini di estrazione sociale differente o a pargoli con piccoli deficit fisici (il trauma dell'apparecchio, degli occhiali o di corpi non ancora armonici e coordinati).
Bene, come superare questo? Servono due strade che lavorino in sincronia e queste sono da un lato la costellazione familiare e il sentimento sociale e dall'altro il ruolo psicologico interno della finzione.
Quest'ultima, la finzione, è il crearsi uno stile di vita diverso e non reale da quello invece che si vive al fine di ridurre il malessere che si avverte nel distacco tra i diversi stili di vita.
Questa distanza è causata, sia nel bambino che, come vedremo, più avanti nell'adulto, da ciò che viene definito inferiorità dell'organo (vedi titolo) e non è solo riferibile a questioni fisiche-organiche, ma si parla di inferiorità a 360°.
Riguardo invece gli altri termini, la costellazione familiare e il sentimento sociale sono due espressioni presenti nella psicologia adleriana che ci fanno capire come il ruolo della famiglia e della cooperazione all'interno della società giochino un ruolo più che importante per la crescita armonica del bambino. Costituiscono quello che è alla base dell'autostima e dell'incoraggiamento e che serviranno al bambino a ridurre, anzi a compensare, la finzione fin qui inconsciamente utilizzata a scopo auto-terapeutico.
Se però sia la costellazione familiare che il sentimento sociale sono stati poco utili a far compensare in senso armonico quella fisiologica finzione in cui il bambino si è nascosto cosa succede? Succede che dal semplice sentimento di inferiorità si passi al ben più serio complesso di inferiorità, caratteristica propria dell'adulto.
Alla pari del sentimento, anche il complesso di inferiorità ha lo scopo di compensare distanze tra stili di vita e utilizza sempre la finzione come possibile strada operativa. Solo che la finzione si maschera di autoinganno e questo trova il suo istinto di sopravvivenza (in questo caso quasi una reale volontà di potenza) nell'aggressività.
L'aggressività è quindi uno strumento per compensare pienamente i piani di vita (proprio e altrui) che si percepiscono falsati, diversi e staccati l'uno dall'altro. Anzi: l'aggressività riesce anche a far sembrare il nostro stile di vita superiore non solo rispetto agli altri, ma anche superiore a quanto noi riusciamo a sopportare.
L'origine della nevrosi, cioè di un disagio o malattia di carattere psicologico, è proprio qui secondo Adler, nell'autoinganno che porta l'aggressività a manifestarsi per non farci apparire inferiori nel rapporto con gli altri.
Compito dell'analista (secondo il metodo individuale comparato) è quello di sgamare questi autoinganni, proponendo mete (ovvero modelli di stile di vita) più facilmente raggiungibili e facendo notare al paziente come gli altri stili siano totalmente avulsi dalla loro personalità.

Nel box del download potete trovare una scheda riassuntiva delle principali differenze tra il nostro Alfred Adler e Sigmund Freud.

Buono studio!

mercoledì 5 marzo 2008

Le forme dei gradini

C'è chi teorizza e non agisce, chi agisce per poi teorizzare, chi fa tutte e due le cose insieme (come farà dico io) e chi ha lo sguardo tanto lungo da vedere al di là degli anni che gli fanno da cornice esistenziale.


Johann Friedrich Herbart, 1776-1841, è uno di questi. Vissuto nella piena età Romantica, pone le basi per quello che sarà il successivo pensiero positivista e attivista pedagogico.
Tanto per citare alcuni incontri, possiamo annoverare nel 1794 l'incontro con Kant e nel 1799 quello con Pestalozzi. Proprio questi due incontri porranno le basi del suo pensare filosofico e pedagogico. Innanzitutto Herbart riconosce un valore autonomo della Pedagogia alla Filosofia (tié, dico io), poi capisce che lo spontaneismo (come vuole il senso comune, ma anche quello "alla Pestalozzi", per intenderci) non è sufficiente per fare Pedagogia: serve una metodologia netta, chiara e, perché no, valutabile, verificabile.
Le innovazioni di stampo pre-positiviste che Herbart compie - gran parte di queste contenute nella sua opera Pedagogia Generale dedotta dal fine dell'educazione del 1806 e nell'altra opera dal titolo Disegno di Lezioni di Pedagogia del 1835 -, non si riducono solo a quanto detto. La pedagogia in sé è ancora legata alla filosofia e per renderla veramente autonoma serve che diverse discipline vi afferiscano, in maniera strumentale, per un fine comune. Tale fine comune è sicuramente la moralità, e le materie che vi afferiscono sono principalmente la Psicologia, l'estetica e l'etica.
tralasciando la psicologia, che si affronterà a breve, etica ed estetica sono le discipline strumentali che concorrono al fine ultimo morale, poiché strutturano cinque idee, belle e buone, che l'educando (fanciullo o scolaro che sia) deve raggiungere.
Queste cinque idee sono:
  1. Idea della libertà interiore - ovvero il potersi esprimere al pieno secondo le proprie attitudini e doveri;
  2. Idea della Perfezione - cioè il portare se stessi al massimo e più perfetto compimento;
  3. Idea della benevolenza - ovvero l'armonia che sussiste tra le diverse volontà, mie e degli altri;
  4. Idea del Diritto - cioè la regolamentazione del conflitto tra le diverse volontà;
  5. Idea dell'equità - ovvero il giusto equilibrio tra azioni e ricompensa.

In tutto questo la psicologia gioca un ruolo cardine, poiché è il viatico per giungere al fine educativo, poiché esplicita il procedimento conoscitivo definendo il soggetto conoscente. In altre parole fornisce i mezzi per realizzare il fine educativo e per accertarne i limiti entro i quali il fine è accettabile.
Chi è allora questo soggetto conoscente?
Ovviamente un bambino, che a seconda della fascia di età assume proprietà ed esigenze differenti:
  • 0-3 anni - Vi è una prevalenza della sensibilità e della motricità; esplorazione libera di oggetti;
  • 4-8 anni - Il bambino ha bisogno di essere governato (ci torniamo più tardi);
  • Adolescenza - compare l'astrazione e l'immaginazione, vi sono le prime predilezioni e i primi interessi concreti;
  • Giovinezza - Prime delusioni; l'istruzione è legata con la sfera morale.

Avrete capito che, come per altri, anche per Herbart il bambino nasce senza moralità e volontà e quindi va ridimensionato da ciò che lui stesso chiama governo, ovvero da ciò che gestisce l'istruzione, quindi la scuola, e custodisce la famiglia. Questo governo agisce inoltre tramite la minaccia, la sorveglianza e il rapporto dinamico tra autorità e amore (non vi ricorda ciò che dirà poi Freud?).
Facciamo però un passo indietro e ritorniamo alla Psicologia. Essa non aveva solo una funzione identificativa del soggetto conoscente ma viatica per giungere al fine educativo. Qual è quindi la strada migliore per incoraggiare un ragazzo verso la moralità e verso l'istruzione?
Herbart risponderà con l'Interesse e con l'utilizzo di questo interesse non sono in chiave mono-tematica, ovvero legato ad una singola disciplina o indirizzo, ma multilaterale, ovvero includente di diversi fattori e discipline.
La multilateralità dell'interesse richiede quindi un complesso respiro pedagogico che è alla base di quello che Herbart chiamerà la Didattica dei gradi formali. Questa, così come l'idea del respiro pedagogico alla base della multilateralità, è infatti strutturata in quattro gradi, che sono precisamente:
  1. Chiarezza, ovvero la distinzione dei particolari, la presentazione di un argomento e l'esposizione degli obiettivi;
  2. Associazione, quindi la concordanza tra diversi studi, tra le affinità presenti tra diverse materie, e tra i prerequisiti e ciò che verrà spiegato in una materia;
  3. Sistema, ovvero dare un ordine agli apprendimenti, vedere quali nuove informazioni sono state aggiunte e fare un bilancio di ciò che si è appreso;
  4. Metodo, ovvero applicare le conoscenze acquisite, anche a livello lavorativo e pratico.

Capirete bene come entri a pieno titolo, nelle Scienze dell'educazione teorizzate da Herbart, anche la Didattica che, grazie ai quattro gradi formali qui teorizzati, trova la base della odierna didattica (basata sui prerequisiti, sui bilanci delle competenze e così via).

Buono studio!