mercoledì 30 gennaio 2008

Che due palle questo autore!

Capirete, verso la fine del post questo, assolutamente non offensivo, titolo!

La pedagogia, dopo Pestalozzi, ha subito un radicale cambiamento. Pur essendo ancora pensata come ancilla della filosofia, al pari della teologia e della metafisica nonché come certa psicologia, la pedagogia sta iniziando ad acquisire piena autonomia di metodo e teoria. Resta però ancora rilevante il contributo ora di Rousseau ora di Schelling al pensiero dell'autore delle due palle di cui sopra dal nome di Friedrich Fröbel.
Fröbel, nato in Turingia ovvero nella Prussia che ben conosciamo (Kant, Fichte...), attinge molto da due filosofi a lui precedenti:

  • Il primo, Rousseau, perché anche lui, così come lo svizzero, aveva intuito il forte valore formativo della natura;
  • il secondo, Schelling, perché questa natura non era solo qualcosa di materiale, inanimato, ma diviene la sede della razionalità (quella che per Fichte risiedeva nell'Io), di una razionalità dal carattere assoluto che la fa corrispondere alla divinità. Natura e divinità, con Schelling (e Fröbel riprende questa definizione) coincidono.

Ma chi era, il nostro Pedagogista tedesco?


Friedrich Wilhelm August Fröbel (1782 - 1852), orfano di madre, nasce in Prussia (come già ricordato).
Fu l'incontro con un allievo di Pestalozzi a portarlo sulla strada pedagogica tanto che, nel 1816, fonda L'Istituto per l'impulso dei fanciulli e dei giovinetti all'attività con sede a Keilah (Kailau).
Forte di quest'esperienza, nel 1826, scriverà L'educazione dell'uomo, testo in cui sono contenute le sue teorie principali, poi vagliate da nuove conquiste sul piano teorico.
Appare chiaro come il primo concetto da rivoluzionare, ancor prima del senso della natura, sia quello relativo all'età di accesso dei bambini al mondo dell'apprendimento istituzionalizzato; se prima era dogma riferirsi ai 7 anni come data di avvio, Fröbel rivoluziona il tutto dicendo che sin dalla nascita i bambini possono ricevere una determinata istruzione e cura. L'attività di formazione era quindi rivolta non solo ai piccoli, ma anche alle Maestre (poi Maestre Giardiniere (vedi sotto) e alle (future) madri.
Sempre nella stessa sede, Keilhau, nel triennio 1837-1840, con particolare attenzione a quest'ultima data, fonda i Giardini d'infanzia che si chiamavano Vivai di bambini.
Così come Pestalozzi, anche il buon Federico Guglielmo Augusto si è trovato in difficoltà con l'autorità costituita tanto da vedersi accusare di fornire un'attività e un'educazione atea e socialista. Correva l'anno 1848.
Nel 1852 Fröbel moriva.

Nell'affrontare alcune idee tematiche del pensiero del pedagogista tedesco, possiamo basarci su:
  1. Idea di natura
  2. Contributo Psicologico
  3. Contributo educativo

Idea di natura
Tutto è uscito dalla divinità, da Dio e per mezzo di Dio è costruito in unità
Divinità e Natura. Ecco gli elementi essenziali. Nella natura vi è una manifestazione diretta della ragione e un'espressione vitale della divinità.
L'educazione deve quindi sviluppare, esternalizzare, rappresentare l'essenza divina di ogni cosa, attraverso l'esercizio.


Contributo psicologico
Bisogna individuare ora le caratteristiche dei destinatari di una possibile azione pedagogica. Quali bisogni compaiono in quali età e quale quindi la risposta migliore, di volta in volta?
Intanto vi è la prima critica all'adultismo, ovvero a considerare il bambino un piccolo adulto senza concentrare e rimodellare l'azione pedagogica a sua misura.
Pestalozzi ci aveva provato, Fröbel inizierà l'affermazione del principio della centralità del bambino (in cui la Montessori è la massima esponente.
L'esigenza di una periodizzazione ricalca quanto detto finora.
Fröbel quindi divide lo sviluppo del bambino in due fasi, del Lattante e della Fanciullezza. Mentre nella prima, del Lattante, il bambino sente in sé una forza vitale nascente e reagisce con degli stimoli (pianto e sorriso), nella seconda fase il bambino si muove attraverso due cardini dello sviluppo cognitivo-sociale: la parola e il gioco.
La Parola deve partire sempre da un dato concreto e, successivamente, astratto. Essa è dopotutto simbolo, associazione convenzionale di un nome con un oggetto.
Il Gioco è, a detta proprio del nostro,
Il più alto grado dello svolgimento infantile, dello svolgimento umano, poiché è la libera, spontanea espressione dell'interno per la necessità e il bisogno dell'interno stesso. [...] Il prodotto più puro e spirituale dell'uomo, modello e immagine dell'intera vita umana, dell'intima segreta vita spirituale dell'uomo.

Il gioco infatti è la base della vita futura, e non è solo divertimento fine a sé ma, anzi, è per i bambini un vero e proprio lavoro!
Bisogna quindi rispettare il diritto al gioco.


Contributo educativo
Lo stimolo, l'azione esercitat sull'uomo come essere che diviene consapevole di sé, pensante, intelligente, verso la rappresentazione pura e incontaminata della legge interiore, del divino, con coscienza e liberà e indicargli la via e i mezzi di che vi giungono.

L'educazione è quindi una via maestra per far rappresentare l'essenza divina in ogni cosa, della natura e dell'uomo stesso.
Vi è, in questo, l'idea di un maestro inteoriore che coincide con la legge universale (dovere kantiano?) a cui ogni bambino si deve assoggettare.
L'educazione deve dare e prendere, prescrivere e secondare verso i criteri di giusto e ottimo.
Dove però mettere in pratica tutte queste concezioni?
Nei Kindergarden, o giardini dell'infanzia.
I giochi, che ricordo sono l'accoppiata di Divertimento e Lavoro, hanno la finalità di fortificare il corpo, sviluppare e coltivare abitudini e renderlo disciplinato per mezzo dell'azione.
Uno dei compiti di base è quello di curare nella costruzione (non lo fanno i bambini che vi lavorano dentro) un giardino personale all'interno di un ambiente che sia sereno, pieno di illustrazioni con, all'angolo di questo ambiente, dei giocattoli.
Il giardino ha lo scopo di far osservare come la crescita dei frutti e dei fiori dipenda sì dalla natura e dalle sue leggi ma anche dalla nostra iniziativa.
L'azione pedagogica che quindi si può compiere è a due livelli:
  1. Attività educativa
  2. , ovvero l'utilizzo del Disegno, che è l'espressione del proprio mondo interiore e è alla base della seconda attività educativa, ovvero la capacità di contare. Terza azione è il canto come espressione di felicità; segue la creazione di piccoli oggetti, come segno di vicinanza al Creatore e, last but not least, l'esercizio fisico e la ginnastica.
  3. Uso dei doni. Questo è forse l'elemento più importante e per cui viene ricordato Fröbel.
    I dono altro non sono che semplici oggetti che permettono di sviluppare la sua forza immaginativa e la sua fantasia.
    Precisamente, i giochi sono:
    1. La Palla (o anche diverse palle colorate), simbolo sia dell'infinito che, in presenza multipla, della molteplicità
    2. La sfera, il cubo e il cilindro: espressioni di Movimento (Sfera), Riposo (Cubo) e Varietà (tra la quiete e il movimento, come legge dei contrasti)
    3. Un cubo diviso in 8 cubi, o in 8 mattoni o in 27 piccoli cubetti: questo vale come intuizione delle grandezze e come essenza del tutto e della molteplicità.
    4. Scatola da 48 tavolette quadrate, e assicelle per lavori di intreccio
    5. Il filo: questo, insieme al punto precedente, rappresentano la conoscenza delle forme geometriche e sono riservati ai bambini dai 5 ai 7 anni.


Il giardino inoltre è composto da due parti, una comune e una individuale, di circa 1mq); la gestione comune del giardino è immagine della famiglia che lavora e vive insieme, e la crescita delle piante (anche nel proprio orticello) vuole raffigurare l'immagine di sé.

Ecco concluso il nostro tedesco... mica male, eh!

martedì 8 gennaio 2008

L'elvetico sfigato

...e non è il nome di una nave naufragata tragicamente nelle acque ostili del nord.
Qui si ironizza su chi, a dire il vero, ha fatto molto per la nostra tanto amata e venerata e rispettata e studiat...no, ora esagero, materia.

Parlo ovviamente di Johann Heinrich Pestalozzi. Pedagogista svizzero, come avrete intuito dal titolo, fu uno dei primi pensatori ad agire praticamente al fine pedagogico, preferendo il contatto diretto con i bambini a teorizzazioni razionali che certo non mancarono ma non furono del livello pratico e immediato raggiunto.
Esperienze queste, come vedremo più avanti, fallite tutte per mancanza di fondi e per tradimento degli amici più fidati.
Come raramente accade, la vita è già in sé esplicativa della sua attività pedagogica e quindi la riassumiamo in alcuni punti per una maggiore chiarezza espositiva:
  1. 1746 - Nascita di Pestalozzi, a Zurigo. Morte prematura del padre e totale punto di riferimento nella sua educazione da parte della madre e della badante
  2. 1768-1780, Neuhof - (pron. Noiof) Pestalozzi, dopo un primo interesse verso Rousseau, nel 1774 decide di mettere in pratica quanto pensato finora ristrutturando una cascina e aprendola ai poveri e agli orfani. Questo diviene un periodo fecondo perché è alla base del suo metodo chiamato metodo elementare che teorizzerà pochi anni più avanti.
    La mancanza di finanziamenti porta Pestalozzi a chiudere questo suo primo esperimento.
  3. 1780-1798, Rivoluzione francese - Spinto dalla forte azione sociale e politica della rivoluzione, va a capo di una confederazione svizzera, acquisisce la cittadinanza francese e inizia a scrivere al suo grande romanzo pedagogico, il più grande del romanticismo, Leonardo e Gertrude. Il primo libro, del 1781 è così importante che decide di ampliare la storia e compone altri 3 libri, rispettivamente nel 1783, 1785, 1787.
  4. 1798-1799, Stans - Pestalozzi, triste e sfiduciato per il terrore instaurato nella rivoluzione francese, decide di aprire a Stans un orfanotrofio (circa 80 utenze) che però venne dismesso in tempi brevi.
  5. 1799-1084, Burgdorf - Dapprima insegnante in una scuola privata, poi in una statale, Burgdorf segna per Pestalozzi il concretizzare alcune teorie prima del grande conclusivo periodo a Yverdon. Rileva un castello, che divenne una scuola, la sua scuola, con 8 ore di aprtura, con l'insegnamento secondo il metodo elementare e con alcuni elementi all'interno di esso come la scrittura seconda al disegno e l'approccio intuitivo alla base di ogni cosa.
    Osteggiato però dall'aristocrazia, preannunciando così la futura restaurazione a livello politico generale, Pestalozzi fu costretto a chiudere l'esperienza di Burgdorf. Scrive, inoltre, (questo è da sapere), Come Gertrude istruisce i suoi figli, una raccolta di 14 saggio pedagogici.
  6. 1805-1824, Yverdon - Sicuramente il periodo più lungo nelle diverse esperienze pedagogiche, però anche il più amaro, Pestalozzi a Yverdon approfondisce i presupposti teorici del suo metodo abbozzando un testo dal titolo Idee, esperienze e Mezzi per promuovere un'educazione conforme alla natura umana.
    Già dal 1814 iniziano però degli scontri con i collaboratori, sia dal punto di vista teorico che umano che porteranno la situazione ad essere ingestibile e nel 1824 a costringerlo a tornare a Neuhof
  7. 1824-1828, Neuhof - Stanco e deluso dai tanti tradimenti, trova forza ancora per scrivere l'ultima sua opera, testamento pedagogico-spirituale a difesa delle sue tesi, chiamata Il canto del Cigno. Muore nel 1828.

Parafrasando Rousseau e, successivamente, Kant, anche Pestalozzi approfondisce il tema delle percezioni sensibili e dell'esperienza della natura. Il valore molto forte che stava maturando nella filosofia continentale (pensate a Fichte) riguardo il valore della natura, fa però dire a Pestalozzi che all'esperienza non va data solo il senso di contatto diretto, ma l'esperienza stessa forma la personalità, fa capire la forma stessa impressa da Dio all'interno del creato.
Fondamentalmente, sono due i percorsi che porta avanti: l'educazione popolare e l'interesse ai fattori politico sociali, espressi nella rivoluzione francese.
L'educazione popolare, così come gran parte del suo pensiero pedagogico, è ben chiarito all'interno della sua opera Leonardo e Gertrude: ambientato in Germania, nel paese fittizio di Bonnel, alla presenza di un regime feudale si raccontano le vicende di una coppia, Leonardo e Gertrude appunto, che non godono di buona salute economica. Sarà Gertrude a reagire ai soprusi di Hummel, il podestà de feudo e a ridare speranza dapprima ai figli riguardo un'istruzione basata su quelli che sono i dettami del metodo elementare che andremo a vedere a breve. Importantissima è la figura della madre. I successivi libri fanno intendere il percorso che l'educazione dovrà compiere, partendo dalla famiglia fino ad arrivare al sistema nazionale.

Riguardo al metodo elementare, Pestalozzi si rende conto che l'unica educazione possibile si basa sull'intuizione diretta mediata dall'esperienza nella natura. Intuizione, basata ovviamente sui cinque sensi, che però deve compiere un percorso di chiarificazione, attraverso il pensare dei concetti precisi. Significa quindi che bisogna educare i bambini secondo alcuni steps che si possono così riassumere:
  • individuare gli elementi necessari
  • individuare elementi di base nelle conoscenze
  • partire dall'inessenziale per giungere all'essenziale
  • gestire i gradi di importanza delle cose, prendendo esempio dalla natura
  • ordinare oggetti per somiglianza
  • ogni concetto nuovo è da aggiungersi a qualcosa già appreso
  • partire dal semplice e pian piano giungere alla complessità.

Il metodo elementare deve quindi muoversi in tre aree fondamentali e ad ognuna di esse viene associato l'organo corrispondente:
  • Cognitiva, avendo a mente che essa si articola in base al numero, alla forma e al linguaggio. I bambini infatti, approdano alla matematica grazie a semplici questione algebriche, così come identificano e distinguono gli oggetti in base alla loro forma e al loro colore; solo dopo riescono a dare un nome all'oggetto; l'organo associato è la mente.
  • Pratica, ovvero articolando e manipolando gli oggetti, utilizzando quelle abilità nello battere, nel portare o nello gettare, nello spingere piuttosto che nel torcere, nell'agitare e nel farlo giacere; l'organo associato è quello della mano.
  • Morale, perché tutto viene dall'Amore, di Dio e della madre, primissima fonte di amore in famiglia. Così come Aristotele, sarà l'abitudine all'amore a educare moralmente il bambino. L'organo associato sarà quindi il cuore.


Buona serata e buona ripresa nello studio!

venerdì 4 gennaio 2008

Io pensavo...

Cercando di fare spazio tra un pandoro e un mazzo di carte, assolvo al mio piacevole dovere , seppur con un festeggiante ritardo, aggiornando il blog e parlando della pedagogia idealista.
L'autore di riferimento in questo escursus temporale è, rullo di tamburi, -3 -2 -1.... Buon Anno!...ah, no, scusate, cmq Auguri!, dicevo... l'autore è Johann Gottlieb Fichte.
Quasi contemporaneo di Kant, da quest'ultimo attinge molto nella sua preparazione teorica e proprio contro lui porta avanti quello che non è solo un attacco semplice di confutazione di idee ma è un attacco che rivoluziona il quadro mondiale di pensiero e di percezione del reale.
Il reale, appunto, o la natura, l'esistenza e l'essere fino a Kant incluso erano sempre stati pensati e posti come esterni all'uomo. La grande sfida era infatti conoscere questa realtà, trovarne gli strumenti di indagine, le tecniche, anche verbali, per poter argomentare riguardo l'essere e la sua verità e la sua certezza.
Questo aveva fatto anche Kant nelle sue critiche toccando però un tasto, molto delicato sin dalla sua ideazione, legato all'inconoscibilità di ciò che, svincolato dai sensi, ha comunque ragion d'essere. Appare chiaro come questa affermazione, per il suo carattere difficile da comprendere, non poteva far altro che generare conflitti. Kant stesso chiarì con fermezza che proprio il concetto limite della cosa in sé garantiva all'io penso di essere solo ed esclusivamente legislatore della natura e non il di lei creatore. Ruolo questo che però, nel tentativo di superare l'aporia di qualcosa non conoscibile ma esprimibile ed essente, viene arrogato da Fiche all'io.
L'io, nuova entità che la filosofia pensa e ammette nei suoi "manuali", risponde alla difficile concezione di quella cosa in sé inglobandola al suo interno e, facendo così, la connota di alcune caratteristiche, come l'essere infinito e l'essere creatore.
  • L'io è un ente infinito perché non ha limiti (anche quelli legati alla conoscenza);
  • L'io è un ente creatore perché l'unico modo per non avere limiti della conoscenza è nel creare ogni cosa così come l'unico modo per essere infinito è quello di porre i possibili limiti all'interno di sé.
Il limite, superabile, del discorso che stiamo facendo risiede nell'aver considerato, al momento, l'atto puro dell'io fichtiano. Come spieghiamo però la natura? La realtà che ci circonda? Certo non esterna, quindi interna all'io stesso. Ma se è interna, chi è che la crea? Chi altro, direi io, se non l'io poiché è un ente creatore?
Ricapitolando, abbiamo due momenti certi e uno che lo risolviamo subito:
  1. C'è solo l'io
  2. nell'io si pensa la materia
  3. (concludendo) è necessaria una dinamica incessante tra il primo e il secondo punto

Traduciamo quanto detto in un linguaggio propriamente filosofico e otteniamo tre momenti in cui l'io diviene realtà:
  1. TESI: l'io pone se stesso (ovvero l'ente infinito e creatore che dicevamo;
  2. ANTITESI: l'io genera in se stesso il non-io (ovvero genera il suo contrario, il contrario dell'essere creatore e infinito, quindi una cosa creata e finita che non può però sussistere esterna all'io stesso);
  3. SINTESI: L'io dipende dal non-io e il non-io dipende dall'io (questa è una dinamica necessaria per far sì che l'io non sia solo atto puro razionale ma che, da questo e nel confronto con la materia, diventi tutto realtà, natura).


Fin qui vi è la parte filosofica. In pedagogia?
Basta prendere i precedenti tre momenti, associare a questi tre componenti morali che sono, per la tesi l'il dovere assoluto nella libertà (ricorda molto Kant), per l'antitesi la materia, l'istinto, la società (ciò che rappresenta il contrario del dovere assoluto, dove tutto è invece condizionato da altre componenti esterne) e, per la dinamica tra io e non-io, l'autonomia morale segno però non solo di una semplice dinamica da di uno sforzo continuo che l'io deve compiere nei confronti del non-io per cercare di prevalere sempre e comunque.